Vignaioli

In Friuli Venezia Giulia, alla fine del 1946, l’agricoltura occupava il 54,1% delle forze lavorative, mentre nel 1951 gli emigranti erano ancora 150.000. Nel 1950 si producevano 984.290 quintali d’uva dei quali, però, solo 264.800 in coltura specializzata (27%) e 719.530 in coltura promiscua (73%). Nel 1979 la produzione complessiva è stata di 2.124.630 quintali d’uva di cui appena 93.000 derivanti da vigne in coltura promiscua. Gli ettari hanno così raggiunto e superato i 22.000 a coltura specializzata, mentre quelli promiscui si ridurranno a 1.550. Cos’era successo? Si era completata la prima grande, vera, rivoluzione agraria del popolo friulano.
Il Friuli Venezia Giulia – pur con circa il 2% della produzione nazionale – fa parte di diritto delle regioni di vertice dell’Italia. I motivi sono diversi.

  • Nei primi anni Settanta prende avvio da questa regione la grande rivoluzione dello stile dei vini bianchi italiani e non solo, che seppe coniugare la potenza all’eleganza, con profumi netti e facilmente comprensibili. In pochi anni tutti i parametri di qualità fino ad allora vigenti furono superati, accantonati e riscritti.
  • Il vivaismo. Il Friuli Venezia Giulia attualmente produce l’80% delle barbatelle italiane, ovvero il 30% di tutta l’U.E. ed il 25% di quelle del mondo: una barbatella su quattro, nel globo, parla friulano. Ciò significa ricerca, innovazione, qualità delle barbatelle, ovvero le madri dei vini. Sarebbe stato il vero segreto del successo che l’enologia friulana avrebbe conquistato agli inizi degli anni Settanta del XX secolo.
  • Sempre nel settore viticolo, due tecnici friulani, Marco Simonit e Pierpaoolo Sirch che si sono definiti preparatori d’uva, stanno rivoluzionando – ora torniamo al XXI secolo – la maniera di potare le viti, dando un fortissimo segnale su come conservare e migliorare il vigneto Italia. Per farlo hanno aperto la prima scuola italiana di potatura, salvando in tal modo un mestiere che stava scomparendo: quello del potatore.
  • Ancora un passo indietro nella storia recente. Era il 1975: a Percoto, grazie al premio Risit d’aur (barbatella d’oro) – creato per salvare e valorizzare le varietà autoctone che allora erano fuori legge come Pignolo, Schioppettino e Tazzelenghe – si innescò una reazione positiva in alcuni visionari produttori che ripiantarono e valorizzarono queste ed altre varietà del passato. Allora, in Italia, il movimento a favore delle varietà autoctone – che, con tutta probabilità, ci aiuteranno ad uscire da una sorta di omologazione dei vini – era ancora di là da venire.
  • Nel 1981 in Friuli Venezia Giulia si produsse il primo bianco secco in barrique d’Italia, con l’obiettivo di porre ai bianchi friulani una visone innovatrice per incontrare i nuovi consumatori nel mondo.Di questa brillante storia – che comprende oltre 1.500 aziende, con una produzione annua di circa 80 milioni di bottiglie – qui di seguito troverete 22 storie di vignaioli che hanno lasciato un segno indelebile nell’enologia di questa regione.

Walter Filiputti

Presidente del Consorzio

Albino Armani

Sequals

Castello di Spessa

Cormòns

Dario Coos

Friuli-Colli Orientali e Ramandolo

Di Lenardo

Ontagnano

Edi Keber

Cormòns

Ermacora

Premariacco

Eugenio Collavini

Corno di Rosazzo

Forchir

Camino al Tagliamento

Gradis’ciutta

Località Gradis’ciutta – San Floriano

Jermann

Ruttars di Dolegna del Collio Località Trussio

Livio Felluga

Cormòns

Livon

San Giovanni al Natisone

Magis

Cividale del Friuli

Marco Felluga

Gradisca d'Isonzo

Nonino Distillatori

Pavia di Udine

Petrussa

Prepotto

Picech

Cormòns

Ronco delle Betulle

Manzano

Sirch

Cividale del Friuli

Venica & Venica

Dolegna del Collio

Vistorta

Sacile

Zidarich

Duino Aurisina

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